In Italia l’incidenza della celiachia è di circa 1 soggetto ogni 100/150 persone e questo significa che i celiaci potenziali dovrebbero essere circa 400.000. In realtà i pazienti a cui è stata fatta diagnosi certa si attestano intorno agli 85-000; ciò è dovuto al fatto che questa
malattia non è ancora conosciuta a fondo e la sintomatologia è varia e complessa.
La celiachia (detta anche morbo celiaco o sprue celiaca) è un’intolleranza alla gliadina, proteina contenuta nel glutine e quindi nel frumento, orzo, avena, segale, farro, kamut, spelta, triticale.
E possibile distinguere diverse forme:
• La forma tipica ha un esordio al momento dello svezzamento e si presenta con diarrea e arresto di crescita.
• La forma atipica si presenta tardivamente con sintomi quasi prevalentemente extraintestinali (ad esempio anemia).
• La forma silente ha come peculiarità l’assenza di sintomi
eclatanti e si evidenzia con esami sierologici positivi. La diagnosi si effettua eseguendo il dosaggio sierologico di AGA (anticorpi antigliadina di classe IgA e IgG), EMA (anticorpi antiendomisio di classe IgA).
Negli ultimi anni è stato messo a punto un ulteriore test per il dosaggio di anticorpi di classe IgA, ovvero gli Anticorpi Anti-transglutaminasi.
Per la diagnosi certa di celiachia è però indispensabile eseguire la biopsia dei villi intestinali; dove si evidenzia l’atrofia dei villi stessi.
La celiachia si sviluppa sempre più spesso in età adulta o perfino avanzata: lo dimostrano i risultati di uno studio epidemiologico condotto da ricercatori italiani del Center for Celiac Research dell’Università di Baltimora, in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche di Ancona, la Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora, il Women & Children’s Hospital di Buffalo ed il Guest Diagnostic Inc. di San Juan Capistrano in California.
I dati pubblicati sulla rivista Annals of Medicine sono stati ottenuti sui dati di 3500 cittadini americani di cui i ricercatori conservavano campioni di sangue raccolti nel 1974, quando già tutti erano entrati nell’età adulta; gli stessi soggetti sono stati analizzati a quindici anni di distanza, nel 1989. I dati dimostrano che all’aumentare dell’età, aumenta l’incidenza della celiachia. Questi risultati confermano dati precedenti raccolti in Finlandia, secondo cui la frequenza di celiachia negli anziani è almeno due volte e mezzo superiore rispetto a quella della popolazione generale, e ribaltano il concetto diffuso secondo cui la perdita di tolleranza nei confronti del glutine avvenga per lo più nell’infanzia: non si nasce necessariamente celiaci, la malattia può manifestarsi a qualsiasi età.
I fattori ambientali che potrebbero avere un ruolo nella comparsa dell’intolleranza al glutine sono numerosi; è probabile che sia implicato il miglioramento delle condizioni igieniche nei paesi sviluppati, che potrebbe alterare la capacità di risposta immunitaria dell’organismo. In alternativa, potrebbe avere un ruolo l’aumento del consumo di prodotti contenenti glutine; l’ipotesi più probabile, al momento, pare però la presenza sul mercato di cereali molto ricchi di frammenti tossici di glutine.
Un interessante studio americano della Colorado University a Denver ha valutato la possibile correlazione tra lo sviluppo di autoimmunità glutine-indotta e la precoce esposizione al glutine in età infantile; sono stati monitorati 1560 bambini ad alto rischio di celiachia o di diabete di tipo I in base alla presenza di particolari caratteristiche genetiche (in base alla presenza degli alleli HLA-DR3 o HLA-DR4), o avevano un parente di primo grado affetto da diabete di tipo I.
51 bambini hanno sviluppato autoimmunità glutine-indotta, in particolare i bambini che erano stati esposti a cibi contenenti frumento, orzo o segale presentavano un rischio 5 volte aumentato di autoimmunità glutine-indotta rispetto ai bambini esposti a cibi contenenti glutine tra i 4 ed i 6 mesi.
I bambini che non sono stati esposti al glutine fino al 7° mese o più hanno riportato un marginale incremento del rischio di autoimmunità glutine-indotta rispetto a quelli esposti al glutine tra i 4 e i 6 mesi. Dopo aver ristretto l’analisi ai soli 25 bambini positivi per l’autoimmunità glutine-indotta a cui era stata diagnosticata la malattia celiaca mediante biopsia, l’esposizione iniziale a frumento, orzo o segale nei primi 3 mesi o al 7° mese, o più tardi, ha aumentato in modo sensibile il rischio di autoimmunità glutine-indotta rispetto all’esposizione a 4 e 6 mesi.
Sembra, quindi, che la precoce esposizione al glutine possa aumentare il rischio di sviluppare autoimmunità glutine-indotta in bambini geneticamente predisposti. E necessario fare una distinzione tra celiachia e intolleranza al Frumento integrale e/o Farina bianca; essere intolleranti non significa essere celiaci, la celiachia implica una variazione dei dosaggi seriologici di IgA, IgE e degli anticorpi anti-transglutaminasi, e si differenzia da un’ipersensibilità alimentare per i meccanismi di comparsa, è infatti documentabile una lesione anatomica della mucosa, completamente assente in caso di ipersensibilità alimentare, e per gli effetti, cioè il mancato assorbimento di minerali e nutrienti, mentre per le intolleranze alimentari la sintomatologia più tipica è quella della infiammazione a distanza.
Le intolleranze o ipersensibiltà alimentari (allergie alimentari ritardate) esprimono una reazione lenta, determinata dall’intervento dì cellule o anticorpi diversi dalle IgE (cellule Th intestinali) che insorgono dopo ore o giorni di assunzione ripetuta della sostanza alimentare
È un fenomeno mediato dal sistema immunitario (non IgE mediato) che porta ad uno stato di immunoflogosi (infiammazione) e che necessita di una ripetuta stimolazione del sistema immunitario per evidenziare un sintomo.
Spesso la celiachia è accompagnata dalla presenza di molteplici ipersensibilità alimentari, e questo conferma il fatto che uno stato infiammatorio intestinale cronico condiziona la sensibilizzazione anche ad altri antigeni. Gli studi più recenti hanno consentito di distinguere due possibili meccanismi patogenetici alla base della celiachia.
Primo meccanismo: corrisponde ad una risposta allergica immediata anche verso piccole quantità di glutine. E il tipico caso di celiachia giovanile, ad esordio acuto nell’infanzia, è probabilmente legato alla dominanza di una reattività allergica immediata e a fini terapeutici è indispensabile ricorrere a una completa esclusione del glutine dalla dieta per tutta la vita.
Secondo meccanismo: riveste maggiore importanza la ripetizione sistematica dell’assunzione di glutine per più giorni consecutivi (Sampson 2004). In questo caso sarebbe pensabile, dopo un’attenta valutazione allergologica e sotto stretto controllo medico, impostare una dieta di rotazione settimanale volta al recupero della tolleranza immunologica nei confronti del glutine e più in generale del frumento. A seconda della prevalenza di un meccanismo sull’altro quindi deve essere effettuato un intervento terapeutico differente. Per il momento la dieta senza glutine, condotta con rigore, è l’unica terapia che garantisce al celiaco un perfetto stato di salute. E necessario escludere dalla dieta alcuni alimenti, quali ad es. pane, pasta, biscotti e pizza, ma anche eliminare le più piccole tracce di frumento, orzo, segale, farro, kamut da ogni piatto, ed assumere esclusivamente alimenti GLUTEN FREE. Questo implica un forte impegno di educazione alimentare, infatti l’assunzione di glutine, anche in piccole quantità, può determinare una risposta immunitaria abnorme a livello dell’intestino, cui consegue un’infiammazione cronica e atrofia dei villi intestinali. Riportiamo anche alcuni dei lavori di maggior rilievo riguardanti il trattamento della celiachia con tecniche alimentari di recupero della tolleranza:
• Patriarca G, et al. Int J Immunopathol Pharmacol 2005 Oct-Dec;18(4):709-l4. In questo studio un gruppo di ricercatori del Policlinico Gemelli di Roma ha segnalato la possibilità di rieducare il sistema immunitario verso la tolleranza nei confronti del glutine tramite una graduale reintroduzione dell’antigene glutinico in assenza di qualsiasi danno.
• Sampson H. Update on food allergy. J Allergy Clin Immunol 2004 May;113(5):805-19; quiz 820. Definendo per la prima volta il concetto di allergie alimentari ritardate Sampson ha aperto una nuova strada verso la comprensione dei meccanismi allergici. La semplice reattività immediata (per intenderci quella modulata dalle IgE) non è più sufficiente per spiegare la complessità dei fenomeni immunitari che sono anche legati alla ripetizione dello stimolo allergenico. Lo stesso Sampson ha citato la celiachia tra le patologie che dipenderebbero in maggior misura dal secondo meccanismo.
Evidenziarne) anche un’altra recente ricerca, pubblicata sul Science Translational Medicine, che si è svolta all’Hall Institute of Medical Research di Parkville, in Australia, diretta dai Dott. Bob Anderson e di Jason Tye-Din che sembra aver individuato tra le possibili cause della celiachia 3 sostanze contenute nel glutine. I ricercatori hanno trovato i tre peptidi che causano la reazione immunitaria delle pareti dell’intestino quando si mangiano alimenti composti da glutine, facendo assumere una certa quantità di cereali a 200 malati. Dopo sei giorni con un prelievo di sangue hanno isolato le cellule immunitarie causa della reazione al glutine ingerito giorni prima. Poi i ricercatori hanno messo in contatto queste cellule (linfociti T) con 2700 peptidi sospetti ed hanno trovato i tre che si accoppiano più saldamente alle cellule. I 3 composti sono quindi i peptidi che più di tutti scatenano la reazione immunitaria, e adesso sono oggetto di sperimentazione in un test per accertare se, somministrandoli in piccolissime quantità ai pazienti, questi pian piano si desensibilizzano nei confronti del glutine. La scoperta è importante perché potrebbe fornire una cura per il 90-95% dei celiaci e quindi assicurare il controllo precoce di questa malattia prima ancora che arrechi danni all’organismo e senza dover rinunciare ai cereali nella dieta. Per concludere vogliamo far riferimento alla recente scoperta di una nuova entità patologica con sintomi e segni molto simili alla celiachia e per certi versi anche al colon irritabile: gonfiore addominale, alvo alterno, emicrania, stanchezza cronica e anemia. La patologia è denominata GS, ovvero “Gluten sensitivity”. L’identificazione si deve a uno studio realizzato dalla Seconda Università degli Studi di Napoli con la collaborazione della School of Medicine dell’Università di Baltimora. Sono stati arruolati 42 pazienti celiaci, un gruppo di 26 con sintomi del tutto simili alla celiachia più il gruppo di controllo. Si è evidenziato che i 26 soggetti sospettati di celiachia, in base alla comparsa di sintomi gastroenterici dopo l’ingestione del glutine, non mostravano anticorpi anti-transglutaminasi nel siero; questo conferma che la differenza tra la sensibilità al glutine e la celiachia risiederebbe a livello molecolare nella risposta immunitaria. Anche nella GS vi sarebbe un substrato genetico che riguarda il sistema immunitario innato, ma al contrario della celiachia, essa provocherebbe segni d’infiammazione alla parete intestinale e non di danno.
In Italia circa 3 milioni di persone hanno una “sensibilità al glutine” a fronte dei circa 500mila celiaci; la diagnosi differenziale delle patologie intestinali funzionali (caratterizzate da dolore addominale, nausea, alvo alterno, disordini digestivi, emicrania e talvolta malassorbimento di grado lieve), andrebbe completata dall’accertamento della GS. Inoltre data la somiglianza sintomatologica con la sindrome del colon irritabile (IBS) è opportuno valutare anche lo stato di stress, spesso alto in tale sindrome.
Finalmente dopo molti anni arrivano studi che confermano ed avvalorano sempre più l’idea che oltre alle intolleranze “ufficiali” al lattosio e al glutine, esistono in parallelo delle intolleranze alimentari o meglio definite allergie alimentari ritardate, sempre legate alla stimolazione del sistema immunitario ma che si diversificano solo perché non evidenziano a livello ematochimico la comparsa di anticorpi valutabili.
Per anni molti pazienti non celiaci, che presentavano disturbi non sono stati ascoltati; attualmente in mancanza di marker specifici si arriva alla diagnosi escludendo la celiachia e l’allergia al glutine.
Fonte: Si ringrazia per l’articolo la Promo Pharma. Rivista n.1 Gennaio 2012- Avalon Ed.
Articolo scritto da Dott.ssa Barbara Ostan– Medico Chirurgo. Esperto e Consulente in Medicina ad indirizzo estetico. Esperto in Omeopatia, Omotossicologia e Discipline Integrate.